Ho scorso: “Così parlò Carpendras” di Manlio Cancogni. “”Così parlò Carpendras” raccoglie per la prima volta in volume tutte le prose di Manlio Cancogni firmate con tale pseudonimo e pubblicate su “La Fiera Letteraria”, di cui fu direttore tra la metà del 1967 e la fine del 1968. Carpendras tratta con l’inconfondibile stile del grande giornalista e scrittore – asciutto, ironico, di una lucidità mai convenzionale – i temi più vari: dall’attualità nazionale e internazionale a varie e gustose digressioni sul carattere eterno degli italiani, allo sport e alla letteratura, dalle cronache del costume del tempo al cinema; e ancora, dall’arte alla politica e al conformismo della società italiana e degli intellettuali, vero e proprio leitmotiv di queste pagine. E uno spaccato straordinario. Il dialogo che Cancogni porta avanti con i suoi lettori è infatti talmente vivo che quasi sembra di leggere, nella trasparenza del tempo trascorso, un’analisi davvero irresistibile, e a tratti inquietante, dell’Italia di oggi. E a noi, scorrendo queste pagine, viene naturale domandarci – come suggerisce serafico il nostro caro ed evasivo signor Carpendras: “Al solito non abbiamo capito nulla. Perché?”.
- Sola tra i polli, sola tra gli uomini
- tu corri, salti, ridi, ti arrampichi
- con la tua buffa coda rotonda.
- Hai mani piccole, muso da cane,
- e neanche un gatto con cui giocare.
- 1966
- .
- La poesia che incanta e disispera
- che dà voce alle foglie e guarda il cielo
- calpesta la città cammina in terra
- per non perdere il fiato proprio e altrui.
- Condividere l’ozio col negozio
- vuol dire conoscenza delle stelle
- e tempo per cercare le formiche
- con i libri del dopo l’oltre e il poi.
- 2007
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